March 18

Eredità 

Ecco quanto il compianto Ernesto Assante, giornalista e critico musicale de “La Repubblica”, aveva scritto lo scorso 11 gennaio, in occasione del 25° anniversario della scomparsa di Fabrizio De André:

“Esiste un’erede di Fabrizio De André? C’è qualcuno che ha raccolto il testimone e che, con la propria personalità, è stato in grado di seguire, in qualche modo, le sue visioni? A prima vista dovremmo dire di no, la musica italiana di oggi è molto lontana dall’arte che De André ha praticato nel corso del tempo, arte poetica e musicale, arte sociale e visionaria, arte d’avanguardia e popolare. Ma al tempo stesso possiamo dire che c’è un po’ di De André in moltissima canzone italiana, soprattutto in quella più lontana dalle classifiche e dal mainstream.
No, non c’è nessuno che sappia come lui guardare la realtà e raccontarla con la stessa visionaria potenza, ma De André, le sue canzoni, la sua poetica, non sono mai state così presenti, così popolari, così conosciute, così diffuse.
De André in vita era un’artista ‘di nicchia’, non un frequentatore di classifiche, non un personaggio da grandi masse urlanti, distante in questo senso da tutti, ma veramente tutti, i suoi colleghi cantautori che tra gli anni Ottanta e Novanta sono arrivati a unire successo e qualità, oggi è singolarmente una star: De André è sulle piattaforme ed è ascoltato da tutti e su YouTube le sue canzoni hanno milioni, in alcuni casi decine di milioni di visualizzazioni.
È questa popolarità ha lasciato il segno, tanto che senza De André non avremmo molti dei rapper più interessanti di oggi, da Willie Peyote a Rancore, non avremmo avuto autori del calibro di Manuel Agnelli o band come i Verdena, Madame non sarebbe stata la stessa, Giovanni Truppi non sarebbe arrivato al centro della sua poesia, non avremmo avuto Mannarino e Motta e gli Zen Circus. E stiamo citando solo alcuni, dei tantissimi, che debbono qualcosa a Fabrizio De André.
Faber è raccontato nelle scuole ed è presente ogni volta che qualcuno protesta in strada per libertà e giustizia, è con noi quando vogliamo parlare d’amore o di vita, c’è sempre. E costringe chi vuole fare musica con impegno e arte oggi ad accettare o rifiutare le sue scelte, a decidere da che parte stare, perché nessuno può prescindere dalle sue canzoni, che sono parte integrante del patrimonio culturale italiano e della nostra personale memoria. Forse non avremo un altro Beethoven, o i Beatles, o Miles Davis, e non avremo di certo un altro De André. Ma lo abbiamo avuto e, per fortuna, lo abbiamo ancora”.

11 gennaio 2024 – La Repubblica
Ernesto Assante