June 8, 2021

Marie Curie - Gli appunti radioattivi

INFANZIA

Maria nasce a Varsavia, in Polonia, il 7 novembre 1867. In quegli anni la Polonia è un paese schiacciato dalla dominazione Russa ma Maria, ultima di 5 figli, ha qualcosa di speciale.

Si racconta che a quattro anni fosse in campagna con i suoi fratelli e sorelle, sua sorella Bronislawa, di 3 anni più vecchia di lei, stava biascicando, tentando di leggere ad alta voce un libro o un quaderno che suo padre le aveva dato.

La piccola Maria, stufa dei tentativi della sorella le strappa il quaderno di mano. Legge la prima frase, senza alcun problema. Lascia tutti a bocca aperta e così prosegue nella lettura, soddisfatta.

Vedendo la sorella che ci è rimasta male si giustifica “Non l’ho fatto apposta, è così facile…”

Facile per lei. L’intelligenza di Maria, la sua precocità, non passano inosservate, ma la sua infanzia viene presto toccata dalla tristezza: quando ha 7 anni sua madre e un’altra sua sorella muoiono di tifo e il lutto la segna profondamente.

È una ragazzina seria, composta, qualche volta cupa e triste, sembra socializzare solo con la sua sorella maggiore, non si trova bene con gli altri bambini della sua età.

I professori la adorano per la sua curiosità senza fine, la sua memoria impressionante e la sua dedizione. Maria ha la capacità di concentrarsi a tal punto nello studio da isolarsi completamente e far sparire il mondo intorno a sé. Quando legge si tiene la testa con le mani, i gomiti appoggiati sul tavolo, i pollici infilati nelle orecchie per escludere ogni voce o rumore.

Quando ha dieci anni i suoi compagni di scuola, per prenderla in giro, aspettano che sia assorta nella lettura e la circondano di sedie in bilico tra loro, creando un mucchio precario. Al primo gesto di Maria finisce tutto per terra. Casino, rumori, sedie da tutte le parti.

Ma lei non li degna di uno sguardo. Si alza, raccoglie il suo libro e pronuncia due parole che idiozia”. Se ne va, senza aggiungere altro. Non ha tempo per cretinate da bambini, deve crescere in fretta e darsi da fare.

GIOVINEZZA

A 15 anni conclude gli studi secondari, la insigniscono della medaglia d’oro del ginnasio che frequentava.

È una giovane donna brillante, impegnata, si unisce a un circolo sovversivo segreto di ragazze e ragazzi che portano avanti la filosofia positivista, razionalista. Quando ha 17 anni Maria è atea, patriota, intrisa di fiducia nel progresso e negli ideali che erano stati dell’Illuminismo.

Non vuole fermarsi, a quel punto vuole accedere agli studi superiori, laurearsi, diventare una scienziata, contribuire alla macchina del progresso che avrebbe trasformato il mondo, lo avrebbe migliorato.

Ma nella Polonia all’ombra degli Zar questa possibilità non esiste per le donne. L’istruzione di quel livello è solo per gli uomini.

Anche sua sorella Bronislawa, affettuosamente chiamata Bronia, che è pure la sua migliore amica e confidente, coltiva il sogno di trasferirsi all’estero, magari a Parigi, per iscriversi all’università e diventare un medico, ma non ci sono i soldi per farlo.

La società è contro di loro, la classe sociale è contro di loro, la disponibilità economica è contro di loro. Maria e Bronia possono contare solo su loro stesse, sulla loro mente e sulla loro determinazione inflessibile.

Decidono di fare un patto tra sorelle: Maria sarebbe andata a lavorare e avrebbe dato i soldi a Bronia, permettendole di studiare a Parigi. Non appena lei si fosse laureata avrebbe ricambiato il favore. Si sarebbero sacrificate l’una per l’altra.

Nel 1885 Maria entra in un’agenzia di collocamento e ne esce con un lavoro da governante, un nome carino per dire donna delle pulizie. Bronia parte per Parigi.

Nel 1886 Maria si trasferisce lontano da Varsavia, 3 ore di treno e 4 di slitta da casa sua, un luogo chiuso, provinciale, isolato, che Maria percepisce come un esilio vero e proprio.

Prende servizio nella casa degli Zorawaski e lì, dopo un anno di lavoro, succede qualcosa che nei piani di Maria non era stato previsto: l’amore. Inizia una relazione segreta con Casimiro, il figlio maggiore degli Zorawski e arriva ad accettare la sua proposta di matrimonio.

Ma i genitori non acconsentono, le origini di Maria sono troppo umili, lei è troppo povera, non è all’altezza.

Casimiro è un codardo e scappa a Varsavia, abbandona Maria a lavorare a casa sua e se la dimentica. Maria rimane a lavorare in quella casa per altri tre anni.

Quando finalmente torna a Varsavia è una donna diversa: depressa, frustrata, è convinta di aver ormai sprecato la sua occasione nella vita, di essere una fallita. Queste sono le parole che scrive a suo fratello Josef in una lettera:

“adesso che ho perso la mia ambizione di diventare qualcuno, tutta la mia ambizione si è riversata su Bronia e su di te. Bisogna che almeno voi indirizziate la vostra vita secondo le vostre capacità. Bisogna che le capacità che senza alcun dubbio esistono nella nostra famiglia, non scompaiano, anzi, si facciano strada attraverso uno di noi. Più ho rimpianti per me, più ho speranze per voi...

Ma la storia ha in serbo qualcosa di diverso per quella ragazza polacca seria, testarda e ambiziosa.

Nel 1891, sua sorella diventa medico e si sposa a Parigi e può finalmente rispettare la sua metà del patto.

Maria lascia il lavoro e sale su un treno, verso la Francia.

Il 3 novembre 1891, quattro giorni prima del suo ventiquattresimo compleanno, Maria varca la soglia dell’università Sorbona. Si è iscritta alla facoltà di scienze, si fa chiamare Marie, adesso, alla francese. La sua nuova vita è iniziata. Ora è tutto nelle sue mani.

LA SCIENZA
Da quel momento in poi l’ascesa di Marie sembra inarrestabile. Si distingue tra i suoi compagni di studi per il suo acume, le sue idee, il suo rigore metodologico. È una studentessa precisa, pignola, brillante in ogni aspetto e ogni disciplina.

Nel 1894 incontra Pierre Curie, un matematico e fisico di una decina di anni più vecchio di lei.

Si sposeranno un anno più tardi ma Marie non vorrà mai rinunciare completamente alla sua indipendenza di donna libera e moderna: si farà chiamare Marie Curie Sklodowska.

Pierre e Marie sono più che compagni, più che marito e moglie, più che amici, più che anime gemelle, sono una squadra.

Impostano la loro intera esistenza sullo studio e la ricerca e trovano la loro vocazione in una… pietra.

Sì, una pietra, un minerale chiamato pechblenda per essere precisi, in italiano la chiamiamo uraninite. È un minerale radioattivo, da cui si estrae l’uranio, naturalmente.

Analizzando le pietre di uraninite Marie e Pierre si rendono conto che alcune di esse hanno una carica radioattiva superiore a quella dell’uranio puro. Ne deducono, quindi, che debbano essere presenti altre sostanze all’interno del minerale, diverse dall’uranio, altri elementi che nessuno fino a quel momento aveva saputo trovare.

Esaminano tonnellate e tonnellate e tonnellate di uraninite, per anni e nel 1898, finalmente, riescono ad isolare una minuscola quantità di qualcosa di mai visto prima: un nuovo elemento centinaia di volte più radioattivo dell’uranio.

Decidono di chiamarlo Polonio, in onore al paese di origine di Marie. Ma non è finita, nelle pietre Marie e Pierre scoprono un altro tesoro, un altro nuovo elemento: il Radio, dalle caratteristiche più interessanti del Polonio, che ha vita troppo breve ed è troppo instabile per estrarlo su larga scala.

La tesi di dottorato di Marie fu improntata proprio sulla scoperta e l’isolamento del Radio e del Polonio. Marie e Pierre sono entusiasti, la loro felicità è incontenibile, il potenziale di quella scoperta è infinito.

Marie si consuma giorno e notte nel capannone dove isola ed estrae il radio, scioglie la uraninite, la filtra, la discioglie ancora, la travasa.

Sfrutta il solfuro di idrogeno per purificarla, che è un gas tossico e nel laboratorio improvvisato non hanno nemmeno una cappa di aerazione. Ma niente ha importanza, marito e moglie continuano a lavorare, Marie si inventa un nuovo metodo, la cristallizzazione frazionata, per separare il Radio dal Bario.

In quel capannone/laboratorio/officina si scrive la storia della scienza e Pierre e Marie ne sono gli scrittori. È quasi impossibile descrivere la quantità di innovazione che esprimono lì dentro, un’impresa senza precedenti.

I sali di radio puri che producono sono privi di colore, si anneriscono all’aria (Pierre scrive che gli sarebbe piaciuto avessero anche un bel colore), ma se messi in una provetta di vetro la colorano di azzurro.

E poi brillano. Brillano al buio e quel bagliore azzurro illumina ogni cosa con cui entra in contatto. Il laboratorio di Pierre e Curie, quando le luci sono spente, ha il colore del cielo. Così le loro mani, i loro vestiti, i loro appunti.

Quel bagliore, quell’azzurro, nasconde una verità terribile, ma i Curie non sono pronti a scoprirla.

A Parigi nel frattempo tutti parlano del Radio, cominciano ad arrivare le attenzioni mediatiche, i finanziamenti, i riconoscimenti.

E poi accade che qualcuno cominci a ipotizzare che il radio possa essere la risposta definitiva al grande nemico, al cancro. Nasce la radioterapia e il nome dei Curie esplode in tutto il mondo.

Marie liquida la fama come aveva fatto con quegli stupidi scherzi dei suoi compagni di scuola. Sono cose che non contano nulla e lei non ha tempo da perdere.

Le chiedono delle sue scoperte e lei risponde “Nessuno può prestare attenzione a ciò che è già stato fatto. Si può prestare attenzione solo a quello che rimane da fare”.

Sceglie di non brevettare il processo di isolamento del Radio. Potrebbe diventare ricca oltre ogni immaginazione, ma non è mai stato quello il suo obiettivo. Vuole lasciare il suo lavoro in dono agli scienziati di tutto il mondo per favorire il progresso, la forza in cui crede fin da ragazza.

Nel 1903 Marie e Pierre, insieme al loro collega Antoine Henri Becquerel ricevono il premio Nobel per la fisica. Marie è la prima donna a ricevere questo onore.

Nel 1906 Marie è in vacanza in campagna con le sue figlie e Pierre è a Parigi, sta andando a piedi al lavoro. Una carrozza fuori controllo lo investe e lo uccide. Marie da quel momento viene chiamata “la vedova illustre” e le offrono la cattedra di fisica generale alla Sorbona che era stata di suo marito. È la prima volta per una donna. Un’altra prima volta.

Cinque anni più tardi Marie finisce anche in uno scandalo per essere diventata l’amante di un altro scienziato, Paul Langevin, all’epoca sposato e con figli. Lo scandalo ha una risonanza pazzesca, suscita proteste e diffamazioni tanto da mandare quasi all’aria un altro riconoscimento incredibile: il secondo premio Nobel.

Sì, perché Marie con i suoi studi non ha soltanto rivoluzionato la fisica, ha rivoluzionato anche la chimica. E così, nonostante le malelingue, nonostante gli scandali, nel 1911 riceve il secondo premio Nobel e diventa la prima persona nella storia a raggiungere quel risultato due volte. Ad oggi, solo altre 3 persone ci sono riuscite.

GLI ULTIMI ANNI

Ma Marie non ha certo smesso di lavorare con il secondo Nobel, non era nel suo stile. Durante la prima guerra mondiale diventa radiologa per trattare i soldati feriti e forma centinaia di tecnici e infermieri, fonda a Parigi quello che oggi è chiamato Istituto Curie e ne apre poi un altro a Varsavia.

Viaggia negli Stati Uniti per raccogliere fondi per i suoi studi e viene accolta ovunque come una leggenda. Tiene conferenze in Belgio, in Brasile, in Spagna, in Cecoslovacchia.

L’intera comunità scientifica mondiale si inchina di fronte alla signora che ha dominato la radioattività.

E poi, a un certo punto, quel bagliore azzurro che aveva permeato ogni aspetto della sua vita, presenta il suo conto. Marie cominciò ad ammalarsi, venne colpita da una forma gravissima di anemia plastica e divenne sempre più debole, sempre più inferma.

Morì nel 1934, ma non ammise mai che potesse essere il Radio il responsabile della sua malattia. Eppure una sua citazione di quegli anni in qualche modo sembra risuonare di un’eco di consapevolezza: “Mi hanno insegnato che la via del progresso non è mai dritta, né facile”.

Le sue spoglie sono state trasferite insieme a quelle di Pierre al Pantheon di Parigi. La sua bara è stata avvolta in una camicia di piombo per bloccare le radiazioni che ancora emanava.

I suoi appunti di laboratorio, i suoi quaderni, persino i suoi foglietti con le ricette che amava cucinare sono talmente impregnati di radio da essere pericolosi per chiunque ci vada vicino. Sono conservati in scatole piombate progettate apposta, per consultarli c’è bisogno di indossare abiti speciali.

L’EREDITA’

L’anno successivo alla sua scomparsa anche sua figlia maggiore, Irene Joliot-Curie, insieme al marito, vince il premio Nobel per la chimica. Quattro premi Nobel in una sola famiglia.

Anche Irene morirà per l’avvelenamento da radiazioni.

La sua secondogenita, Eve Denise diventa consigliere speciale del segretariato delle Nazioni Unite e ambasciatrice UNICEF.

La nipote di Marie, Helene, è professoressa di fisica nucleare all’università di Parigi. Un altro nipote, Pierre, che porta il nome del nonno, è un biochimico di fama internazionale.

La sua influenza si è spinta oltre alla portata già epocale del suo lavoro scientifico e sperimentale, oltre ai due elementi che ha iscritto nella tavola periodica, ed è riuscita a lasciare il segno in generazioni di fisici e chimici.