April 17, 2022

🌈✨browsers✨🌈

I ♥︎ browsers. Ma come per tutte le cose che mi appassionano profondamente oscillo tra fasi di innamoramento, amore per uno e odio per tutti gli altri. Passandomeli immancabilmente tutti.

Ve la ricordate la browser war tra fine anni ‘90 e inizio 2000? C’era lo scontro titanico tra due grossi contendenti: Internet Explorer e Netscape Navigator. Su Mac la faceva da padrone Navigator, ma negli anni successivi sarebbe arrivato anche Explorer di Microsoft, che su Mac aveva una personalità completamente diversa da quella classica di Windows (potenza delle librerie grafiche di un sistema operativo).

Explorer su Puma (2001)

Era più o meno l’epoca in cui i massicci investimenti di Microsoft in Apple salvarono la baracca. Explorer, per quanto potesse sembrare un mezzo schiaffo, serviva tremendamente su Mac perché Apple non aveva un suo browser e nonostante la presenza di Navigator, internet – come vedremo più giù – si avviava a essere tarata sulle disfunzionalità di Internet Explorer.

A quei tempi usavo un PC e la mia preferenza andava a Navigator, perché aveva icone più carine, con un po’ di lilla. Era tutto così monotono che un colore un attimo diverso era già una boccata d’aria fresca. Explorer poi iniziava a stare sul cawwo già da allora. L’interfaccia era forse persino più affollata di quella di Explorer, ma mi bastava che fosse diverso e meno (molto meno) frequente sui monitor altrui. Mai capito com’era possibile che chi avesse un computer davanti non fosse naturalmente portato ad esplorarne le potenzialità, a uscire dal default, a trovare soluzioni migliori di quelle proposte come precotte dal sistema operativo. È anche vero che Windows in questo non era particolarmente invogliante, ma allora era tutto nuovo e anche Win95 poteva risultare eccitante, se lo si inquadrava fuori dallo schema Office. Invece qualunque desktop guardassi, era identico a tutti gli altri. Quello delle biblioteca all’università, quello della copisteria, quello del compagno di corso. Come se tutti quanti facessero le stesse poche cose e nello stesso identico modo.

Netscape Navigator 4 (1997), parte della suite Communicator che includeva anche un editor HTML (Composer)

Proprio su questa pigrizia e sul catenaccio del default Microsoft costruì la sua strategia per Internet Explorer. Gli fece terra bruciata attorno e lo lasciò dominatore incontrastato del web, prima, e azzoppatore del web poi, nella sua (lunghissima) fase declinante. Netscape si avviò così a perdere la guerra. Iniziò a performare male, a succhiare risorse, il web correva (stava nascendo CSS) e Navigator arrancava. Ma il web fu anche preso praticamente in ostaggio da Explorer. Era l’epoca della colonizzazione da parte di Windows di tutto il mondo PC, ormai avviato a dilagare nell’ambito domestico, con internet, e non più confinato in ufficio, con Office. Ed Explorer finì ad imporsi sfruttando questa posizione dominante di Windows (per la quale Microsoft fu sanzionata), non per una sua superiorità tecnologica. Ma il danno a Netscape era stato fatto, e fatale. I siti cominciarono a non funzionare più su Navigator, si iniziavano a vedere i bollini “optimized for IE” o “best viewed in IE”. Explorer prese a imbolsirsi sempre di più, tanto era il web che si adattava a lui (si arrivò a dover sviluppare siti con aggiustamenti appositi per IE, una pratica che è durata fino a pochi anni fa). Per reazione si iniziò a mettere enfasi sugli standard, si impose il consorzio W3C, uscì il test Acid che faceva l’esame a una pagina per vedere se rispettava gli standard. IE semplicemente se ne infischiava. Ma il browser di Microsoft restava inaffondabile e continuò a galleggiare per lustri. Solo Microsoft l’ha potuto uccidere.

Netscape invece morì ufficialmente nel 2008 dopo anni di irrilevanza. Tuttavia, il baraccone non si tirò giù il cuore tecnologico del browser, il motore di rendering Geko, che finì già nel 1998 nel fork di Navigator che fu Mozilla (”Moz://a” 🥱), casa madre di Firefox.

History of the Mozilla Project

Il nome Mozilla stava per “Mosaic killer” perché il rivale di allora era Mosaic, primissimo browser capace di visualizzare contenuti oltre al puro testo (l’internet dei primordi era solo testuale). Mosaic oggi è percepito come un residuato irrilevante, ma fu invece quello che consentì a internet di passare da strumento accademico-militare a quello che è oggi, soprattutto aprendola a un uso commerciale. Boom. Nessun altro browser ha avuto un impatto altrettanto epocale.

Tramortito Navigator, nel predominio assoluto di IE fu proprio Firefox di Mozilla l’alternativa, ma mai un vero rivale come lo fu il browser di Netscape, perché non ebbe mai nemmeno una frazione di quella che fu la fetta di mercato di Navigator (che era anche a pagamento, divenne gratuito quando si accorsero che IE se li stava mangiando vivi).

Qualche altro timido concorrente c’era. Non era nuovo Opera, che nacque nello stesso anno di IE. Opera era una vera alternativa perché aveva un suo proprio motore di rendering, Presto. Ma era uno sputo in occhio già da allora, con bannerone (era shareware/adware) nella barra degli strumenti, alta due km di pixel. Non sarebbe mai uscita da quella quota di mercato dello zero virgola.

Opera 5, con ads nella toolbar (2000)

Ha avuto gli ingegneri, ma i designer hanno sempre scarseggiato, e anche buoni manager. Non erano tempi in cui si rivolgeva particolare attenzione alle interfacce grafiche, in generale, ma il totale disinteresse che ne aveva Opera restava peculiare. Per me peccato mortale, forse la ragione principale per cui questo browser, che qualche piccolo merito pure ce l’ha, mi è sempre stato indigesto. Per la cronaca, dall’officina di Opera proviene anche Vivaldi. Beh, non tanto dall’officina quanto dai meccanici che ci lavoravano dentro. Opera ha avuto vicissitudini commerciali un po’ opache e dopo vari passaggi di mano oggi è cinese (un trucchetto che utilizzano spesso i cinesi è mantenere una sede ufficiale nel luogo di origine, quindi Opera ha ancora i quartier generali in Norvegia, con CEO cinese). Col passaggio di proprietà parte degli sviluppatori abbandonò… l’opera. Opera, Vivaldi... non so se si coglie il link. Ragioni per il nome? Nessuna. Sono norvegesi e secondo loro l’opera is fun. L’Opera browser mi è sempre sembrato l’antitesi del fun.

Tornando all’antichità, su base di Internet Explorer cominciarono a uscire delle shell che lo camuffavano in qualcosa d’altro, come questo trattore chiamato Neoplanet.

Una furberia per avere un prodotto che funzionasse out of the box ma che sembrasse qualcosa d’altro. Oggi i browser basati su Chromium non li chiamiamo shell, per quanto siano anch’essi delle carrozzerie più o meno differenziate su un motore comune. Anche se condividono più di un motore di rendering: un sistema intero di sviluppo (le estensioni). Ma allora la “shell” era una pratica abbastanza diffusa nel mondo Windows, si poteva, con acrobazie più o meno complicate, camuffare l’intero OS. Ne so qualcosa, ho corrotto fatalmente varie volte certe librerie di Windows nel tentativo di camuffarlo, con risultati sempre posticci. Non sarei durata tanto su quell’OS, in effetti. Un’orrenda pacchianata Neoplanet, vista con gli occhi di oggi, ma a quei tempi impattava e io per un periodo (un’estate, ricordo) lo usai. Non si può non dire, per altro, che i bottoni a bolla e le cromature e quell’accenno di metal si sarebbero visti di lì a poco in OSX con Aqua.

Di shell ce ne erano pure per Navigator. Per esempio K-Meleon. O era già definibile come browser a tutto tondo? Era un Firefox in miniatura in effetti, semplificato nell’UI (si comincia a intravedere una certa cura, un po’ di ricerca) con un approccio friendly e rilassato, l’opposto del macho browser (on steroids) di sopra. Non ricordo se avesse gli add-on di Firefox, probabilmente no.

Per certi versi ricordava un po’ Camino, un suo cugino per Mac. Due browser di importanza zero, ma che secondo me si possono prendere come indizi di un cambiamento nell’approccio alle interfacce: finalmente less is more. Entrambi, K-Meleon e Camino, avendo Geko, erano direttamente comparabili con Firefox, che ha avuto fino all’ultima (drastica) revisione dell’UI il problema di essere sempre troppo. Inutilmente troppo. Pieno di elementi pleonastici. Pesante. E quindi... vecchio. Come schiacciato dalla sua stessa legacy. Dicevo sopra che Geko resiste dall’alba di internet, tutti gli altri motori sono morti. Tutti. Questi browser alleggeriti nascevano come alternativa al carrozzone Firefox.

Quando approdai su Mac full time (iBook G4, dual-bootabile in Sys8 – 2003), ebbi una breve fase iniziale Internet Explorer. OSX, per chi proveniva da Windows (anche se io venivo da qualche anno di dual boot con Linux), era molto spiazzante. Specialmente il dock. Mi servì per orientarmi un attimo. Non era del resto brutto come su Win. Navigator però, su OSX, già sembrava obsoleto, forse non l’installai nemmeno. Su Linux (che rispetto a Windows dava la sensazione di essere assai più moderno, ma sempre troppo complicato) esisteva un browser, Konqueror, che per Apple ebbe una funzione importante. Incredibile a dirsi, ma Linux rispetto a Windows, nonostante la macchinosità di certe operazioni, era estremamente più adattabile alle esigenze e ai gusti dell’utente. E molto, molto più bello. Finì che io Konqueror lo usai ben poco, perché il suo desktop environment (KDE) non era il mio preferito. A me piaceva Gnome. Dove che usavo...? Boh, non ricordo. Galeon? O forse proprio Konqueror? Anyway! Il motore di Konqueror era KHTML. OSX era su base Unix. Apple non aveva un browser. Safari fu costruito su un fork di KHTML che fu chiamato WebKit. Uscì nel 2002. L’interfaccia brushed metal, ma non un’icona di più del necessario. Skin and bones. Forse non ero preparata, venendo da quelle interfacce obese. Forse era troppo scomodo usarlo su un web che era tagliato su Explorer. Safari, in vent’anni, è sempre stato il mio secondo browser. Quello cioè che non usavo. Lo uso con una certa consistenza da quando è uscito iPhone, ob torto collo. Insomma, per molti anni su Mac io sono stata su Firefox prima e Camino dopo. Il problema di Firefox su Mac è che è sempre stato un po’ fuori posto, un’app mai nativa (non usava le stesse librerie grafiche di OSX, ma XUL, che è cross-platform) mai perfettamente integrata col resto dell’OS. Ed è ancora così, ma rispetto al passato oggi l’utilizzo di XUL è molto più ridotto (completamente rimpiazzato negli add-on, dove hanno modellato un’architettura simile a quella di Chrome). In macOS si vede e si sente, oggi sembra quasi nativo. O sicuramente non infastidisce più come prima, forse perché anni di Electron (altra scorciatoria per disegnare UI cross-platform usando semplicemente HTML+CSS+JS) ci hanno resi più tolleranti alle interfacce non ortodosse. Ma se Electron (Node.js + Chromium) partorisce app pachidermiche, pachidermico Firefox non lo è. Oggi quindi non lo senti alieno, non nativo. Io poi vengo da anni di Yandex che... vabbè, non ho idea in cosa fosse scritto, ma era (le nostre strade si sono separate per sempre causa Putin) un browser Chromium con chiari elementi non-macOS. Tipo i menù contestuali, anche se ci voleva occhio a sgamarlo: il colore del testo in evidenza in un menu era uno scimmiottamento di quello blu di macOS (io ho sempre usato il grigio, l’imbroglio l’ho notato subito). Mai visti browser Chromium-based fare questo, e io li ho provati tutti. Chissà che ci mettono dentro. Finché l’alternativa a Firefox su Mac erano il Safari neonato e Internet Explorer, andava benissimo Firefox nonostante XUL. Ma poi uscì Camino. Difficile non vedere l’immagine del caminetto, ma camino in spagnolo è cammino, dovrebbe dare un po’ il senso dell’esplorazione ma meno pomposo di “explorer” o “navigator”. Per quanti anni si è detto “navigare il web” o “surfing the web”? Qualche boomer lo dice ancora. Beh, anche il nome Safari viene da quell’abitudine, con un pizzico di californication (Cupertino, California) nel riferimento all’album Surfin’ Safari dei Beach Boys. Camino era un browser con interfaccia nativa OSX (Cocoa) e Geko come motore di rendering. Best of both worlds! Senza le estensioni, ma aveva degli strumenti di suo per le cose più importanti (ad block e poco altro, allora non serviva di più). Era essenziale e pulito. Modificabile, per chi come me si dilettava nello smanettamento nelle risorse dell’app, icona per icona. Si riusciva a farlo proprio bellino, anche se già stock non era male. Era poco aquoso e questo dava una pausa visuale. Averci uno screenshot del mio Camino truccato con marmitta catalitica! Mi pare che una volta smontai le icone di OmniWeb (altro defunto) e le rimontai in Camino tanto per. La sua UI era questa:

https://www.ghacks.net/wp-content/uploads/2013/06/camino-browser.webp

Ho trovato un bellissimo articolo di Jon Hicks del 2006 che spiega bene l’entusiasmo che Camino suscitò all’epoca nel suo piccolo circolo di estimatori.

Camino 1.0! - Hicks.design

Era bello anche perché quelli che ci lavoravano (gratis su base volontaria, per puro divertimento) erano gli stessi con cui si interagiva allora nella community di designer o wannabe tali che gravitavano attorno a hub come MacThemes. L’icona era opera di Jasper Hauser, oggi a Darkroom. Un vero browser for the rest of the rest of us. Per quello che è durato è stato bello. Ma è andato in affanno molto presto. All’orizzonte stava per sorgere Chrome. Che arrivò in un momento in cui il web stava cambiando profondamente, e piaccia o no Chrome e il web cosiddetto 2.0 si sono orbitati attorno l’un l’altro e dato impulso reciproco. Piaccia o meno dopo Mosaic che ha aperto il web è Chrome quello che più ne ha influenzato lo sviluppo, trasformandolo da vetrina a app, e portando il browser a essere quasi un OS all’interno dell’OS. Chrome (Google) ha avuto lungimiranza. Gli altri, molto miopi.

Ma arrivati a Chrome il racconto è praticamente finito. Chrome ha oggi il dominio che fu una volta di Internet Explorer, ma non è la palla al piede che fu il browser di MS, per quanto questo monopolio assoluto non faccia bene né al software che c’è dentro né al web. Ma la realtà è questa: Chrome domina e il resto è diviso tra Safari (che ha avuto una spinta turbo da iPhone) e Firefox entrambi a un 8% di mercato. Prima però di concentrarci su Chrome completiamo il panorama browser su Mac citandone due particolarmente brutti :)) iCab e OmniWeb. iCab è incredibilmente ancora vivo e ha questo look un po’ demodé ma tutto sommato aggiornato:

È basato su WebKit, ma il progetto originale partiva a un nocciolo del browser di... Amiga! Essendo un one man show (un browser, un solo sviluppatore: chapeau, diciamo) non è mai stato al passo coi tempi, ma comunque come si vede, piano piano, viene ancora portato avanti.

OmniWeb è morto da tempo ma per un periodo ha goduto di un certo prestigio. A me non è mai piaciuto, come non è mai piaciuto niente di quello prodotto da OmniGroup. App sempre eccessivamente complicate se non proprio labirintiche: un’app non può essere sempre semplice, ma deve sempre provare almeno a essere lineare e non barocca, almeno se vuole cittadinanza su Mac. E quelle di OmniGroup sono sempre state app un po’ barocche che finché non avevano concorrenti di rilievo hanno anche goduto di una certa diffusione. Ma oggi non se le fila più nessuno direi, e OmniWeb è stato il primo ad uscire di scena (altre loro app ancora sopravvivono). Ma nei suoi tempi d’oro un’innovazione di rilievo, e con una bella soluzione grafica, la portò: le thumbnail delle tab. Era possibile avere invece della barra orizzontale una colonna verticale con la preview di tutte le pagine aperte. Anzi, prima della colonna integrata nella finestra principale c’era il drawer, forse la cosa che più ho odiato in tutto OSX. Per fortuna fu cassata. OmniWeb era così:

Piacevano perché sembravano cool, fresh, new! Ma come idea, su quei desktop con risoluzioni così ridotte rispetto a oggi, non era proprio un granché. Classica soluzione in cerca di un problema. Che cosa inutile. Ma quanto diverso e più rilassato era il browsing di una volta? Che uno si poteva contemplare le miniature dei siti aperti. Una volta che le ebbe OmniWeb, tutti le volevano. Arrivarono in Camino, ma la fase thumb tab ce l’hanno avuta un po’ tutti. Oggi esiste come opzione in mouse over su Chrome, dove personalmente la disabilito sempre.

E con OmniWeb la carrellata finisce e arriviamo a Chrome, 2008, quattro anni dopo l’introduzione di Firefox, che era il modello da seguire. Seguito (con le extensions in pratica), raggiunto, superato e fumato. Io personalmente non esulto, ma è innegabile che Firefox abbia avuto anni di coma. Ma con Chrome, negli anni, tutta quella diversità di cui sopra si è persa. È un male, ma l’evoluzione del sw almeno in parte segue un andamento darwiniano. Si arriva a una forma di equilibrio magari non armonico, e questo a sua volta rischia di finire a stasi, ma chi rimane indietro, non si adatta, o sopravvive in una nicchia o muore. Non traina più il settore. Oggi siamo alle nicchie (Firefox e Safari), e il resto è abbastanza fermo in una fase di stasi. Paradossalmente, sono Safari e Firefox quelli che prima adottano le novità che arrivano mano mano in CSS. Che proprio per la lentezza con cui le adotta Chrome, entrano a pieno regime nel web molto dopo quello che sarebbe stato possibile. Il danno? Che chi sviluppa siti web ha strumenti (= soluzioni a problemi) che non può usare da subito perché su Chrome non vanno. Ecco il nuovo IE.

Chrome nasce dal progetto di base Chromium, open ma portato avanti sostanzialmente da Google. Sono la stessa cosa, Chrome è il browser di casa che ne ha derivato Google, dove puoi loggarti in Google a livello del browser, con un tracciamento quindi molto profondo (o invasivo se si preferisce), Chromium non lo fa, accontenta chi vuole un browser che non sia brandizzato Google, e in effetti non ha nessun brand se non il suo, ma ha dentro componenti Google. È un pacco di cereali Kellogg’s tolto dalla scatola di cartone su cui campeggia la scritta KELLOOOOGG’S. Tant’è che per chi vuole un Chromium completamente senza Google ne esiste una versione specifica ungoogled. Consiglio un giretto per capire se si possa fare a meno di Google, perché forse non è chiaro a tutti cosa significhi Google. Non solo ads e Gmail e AMP. Google in questo caso significa estensioni. Un Chromium senza estensioni perché non vuole montare quel modulo, che è di Google, non serve a niente. Tuttavia, ha pieno diritto di cittadinanza, guai a chi lo tocca e evviva se qualcuno riesce a usarlo e esserne contento.

Oggi esistono più browser che in passato, ma tutti sono su base Chromium. Eccezioni ce ne sono ma sono irrilevanti e si contano sulle dita di una mano, da WebKit è stato derivato persino un “HTML renderer“ (Ultralight) da usare come modulo nei giochi e nelle app desktop (tipo un browser?). Base significa non più solo motore di rendering ma proprio l’intero sistema di estensioni. Se le estensioni le ha introdotte Firefox, è Chrome (Google) che ne ha capito le potenzialità. Va considerato che il browser oggi non è solo il mezzo con cui ci si muove sul web, ma è uno strumento di sviluppo a tutto tondo dove si fa il web. E il web a sua volta è diventato un’app. Figma, Notion... Anche Edge di Microsoft, erede di Explorer, è un Chromium, ha adottato Blink come motore di rendering dopo aver inizialmente provato a svilupparne uno suo (EdgeHTML). Che sarebbe stato più interessante, invece oggi abbiamo il Chrome di Microsoft. C’è omologazione insomma, con browser a volte anche completamente identici nell’interfaccia (ad esempio Sidekick è esattamente un Chrome con un paio di feature inutili aggiunte, spacciate per essenziali). Forse l’unico Chromium, Yandex a parte, che tenta una strada un po’ più sua è il coreano Naver Whale. Pieno di buone idee (e qualcuna per noi un po’ stramba), e forse la UI più carina tra i Chromium, ma troppo tarato sul suo mercato. Non fosse stato per la barra superiore total black (alla Brave), forse avrei continuato a usarlo.

Su Firefox, dove le estensioni si chiamano add-on, la situazione è un po’ diversa: meno estensioni ma anche meno monnezza. Dev tools integrati, però, forse persino superiori a quelli di Chrome, sicuramente fatti meglio. C’è meno necessità di mettere le pezze che è necessario mettere a Chrome. Ma quello che serve, le estensioni principali, esistono identiche su Firefox e su Chrome. Rispetto a Firefox, Chrome rimanda ad estensioni alcune funzioni che invece Firefox adotta in-house direttamente. Come il multilogin contemporaneo su un dato sito.

Completamente diversa la situazione in Safari, dove esiste un sistema macchinoso che non si integra nel browser ma lo affianca con micro app che vanno scaricate, abilitate e tenute come app separate sul proprio Mac o iPhone/iPad. Molto poco elegante, e ancora meno efficiente. Mancano strumenti essenziali, ok solo i content blocker (quelli buoni a pagamento). Ma sempre meno duttili che su Chrome e FF. Safari è ancora il browser vecchio stile da pedalata relax. Un peccato, ma così hanno scelto, e forse era una partita in cui non valeva la pena entrare visti i competitor. Per me, per un utilizzo desktop, è assolutamente improponibile. Il web di oggi, infinitamente più potente, è anche parecchio più ostile: pubblicità, paywall, grafiche aggressive, banner di avviso per i cookies... Mi è tutto intollerabile. Chrome e Firefox mi consentono di mettervi un argine, Safari non tanto. Considerando che ci passiamo molto più tempo che in passato, per non dire tutto il tempo di una normale giornata lavorativa (e a volte anche non lavorativa), un browser che non fornisce strumenti adeguati è fuori gioco. Safari è fuori gioco. Quando apro Gmail su Safari trasalisco, riaffiorano quei temi inguardabili e quel font orrendo (il solito Roboto, quando ci sarebbe pronto Google Sans).

Il panorama di oggi è quindi: Chrome, sotto-specie di Chrome, Safari e Firefox. Blink, WebKit e Geko. Geko è Firefox, non esistono più altri browser Geko-based alla Camino, ma solo dei fork dello stesso Firefox, come Waterfox (no telemetry etc. etc.), sempre più indietro come sviluppo rispetto all’originale (non hanno le forze). Blink è declinato in una miriade di browser Chrome-like, come abbiamo visto. WebKit è confinato essenzialmente ai Safari di Mac e iOS/iPadOS, con però anche una presenza su Linux con il browser attuale di Gnome, che ha addosso questo vestito:

https://wiki.gnome.org/Apps/Web?action=AttachFile&do=get&target=epiphany-40.png

Un Safari per pinguini. Per me la copia, se l’originale è un modello alto, non è mai uno scandalo, né una scorciatoia. Ben venga. L’interfaccia di Safari può sicuramente essere considerata un modello da imitare. Ottima UI. UX non all’altezza, ma Apple ha scelto di non giocare quella partita col suo browser. Una novità di rilievo ultimamente è stato l’annuncio di un browser WebKit sviluppato da DuckDuckGo. Vedremo cosa sarà e che farà, intanto io quando ho letto l’annuncio davo per scontato che fosse un Chromium, che invece era un WebKit l’ho capito solo dopo. Perché l’interfaccia è esattamente quella di Chrome:

Non è il realtà l’unico WebKit oltre Safari a esistere (prossimamente) su Mac. Di annunciato e non ancora rilasciato (è in private beta) esiste Orion, e poi c’è Sigma OS (addirittura OS). Orion dovrebbe essere quello più interessante perché ha anche la versione mobile e perché supporta le estensioni sia di Chrome che di Firefox (per ora sono messe a punto quelle quattro o cinque fondamentali come UBlock Origin, ma per il resto è tutto molto traballante o proprio non funziona). Entrambi sono identici a Safari come UI, Sigma OS ha in più un pannello laterale (sarebbe l’OS?) con shortcut e “workspace” che ricorda un po’ quello di Sidekick. Si prende qualche libertà nell’interfaccia, non rispetta ad esempio il grigio nei pallini del “semaforo”.

Sono browser che si scaricano, si installano, poi magari non è detto che ci si ricordi di provarli. Sigma l’ho disinstallato una prima volta senza neanche averlo aperto. L’ho riscaricato di nuovo adesso per poterne scrivere queste due righe. In ogni caso, li si prova e raramente li si continua a usare. Un po’ limiti loro, un po’ intossicazione da Chrome e derivati. E qui arriviamo al capitolo conclusivo.

Intossicazioni! Per anni (3 o 4?) ho usato Yandex. Nientemeno. Browser russo, non avevo preconcetti quando lo scaricai anzi ero contenta di dare una chance a un under dog ed ero pure contenta che fosse proprio russo. Ne fui ancora più contenta quando mi accorsi che mi piaceva. C’è vita oltra la Valley! La Russia è diventata come noi. Poi l’invasione dell’Ucraina e la realizzazione che niente di quello che provenisse da quel posto fosse innocente rispetto al sangue degli Ucraini. Ed è proprio così con Yandex. Non è una compagnia libera, ma non solo: asseconda proprio la volontà del dittatore. Qualcuno con la guerra ha lasciato, qualcun altro ai vertici amministrativi ha scrollato le spalle. Dovevo sospettarlo pure prima che nei fatti sottostasse al controllo statale (chiamiamolo così), e lo sospettavo. Ma non mi allarmava più di tanto. Non mi sembrava un mio problema. Oggi è un problema. Credo solo morale. Ma tanto basta. Non lo uso più. Prima di brasarlo ho cancellato tutte le mie pw, poi tutto il mio account. Poi l’ho cestinato. Mi ero legata per simpatia? No, perché aveva molti pregi, in cambio di qualche difetto (non parlo più di politica e di dignità morale, parlo da un punto di vista tecnico). I difetti li ho accennati sopra, una UI non proprio omologata 100% a macOS (e neanche sleekissima, ma paurosamente funzionale). Strano che un Chromium si comporti così, non so che motivi abbiano avuto e sospetto non sia stata solo sciatteria. Il browser aveva (ha) anche una versione iOS, voglio credere che Apple abbia controllato bene. La versione iOS per altro molto inferiore a quella Android, più curata e moderna. Strano no? I pregi erano essenzialmente questi che seguono. Fantastico PiP, con controller completi e finestra che manteneva le dimensioni e la posizione impostate l’ultima volta, con border radius gentile e shadow delicata. Quello di Chrome si apre come un francobollo e non controlla niente, ed è lo stesso schifo su tutti i Chrome, un attimino meglio solo in Opera ma restiamo sempre a livello schifo. È così importante il PiP? L’ho apprezzato moltissimo da quando siamo in pandemia e abbiamo cambiato ritmi e modalità di lavoro e non distinguevo più benissimo tra lavoro e cazzeggio. Se però avevo lavoro da recuperare a tarda sera, potevo farlo con un video di YT o uno streaming di qualcosa di interessante a farmi compagnia e darmi ossigeno mentale. Una volta provato, ho trovato inaccettabile tutto il resto. Download manager non invasivo, integrato nella toolbar, con torta e funzioni in un menu da lì stesso raggiungibile (elimina, pulisci, riprendi, etc.). Url bar con bordo arrotondato ma NON del tutto che in macOS è VIE-TA-TO dove non ricopra l’esclusiva funzione di RI-CER-CA. Capito Chrome?? E completamente annegata, cromaticamente, nel resto della toolbar. Quel distacco cromatico, negli altri browser, mi ha fatto soffrire. Password manager killer riconosciuto anche da iOS (vuoi tu usare Yandex come pw manager? Sì lo voglio), gestione carte di credito tremendamente ben fatta (dio santo che ho fatto), le tab dove avvenivano transazioni finanziare opportunamente segnate con l’intera UI che varava di colore a un rassicurante e serissimo blue black da inchiostro di pregio per stilografica. Tutto questo mi ha rabbindolata come viene rabbindolato un vecchio babbione da una ventenne bella (bellina, dai) ma zoccola. Almeno è stato bello? Sì, e pure utile va! Sempre tecnicamente. Perché ho capito che nel vasto mondo Chromium c’è ampio margine per tentativi che non siano semplici cloni di Chrome. Yandex era il tentativo meglio studiato. Non sono cloni né Opera né Brave né Edge né Vivaldi (tra di loro per altro si assomigliano). Non me ne piace però nessuno, e Brave ha un CEO discutibile che mi porrebbe altri dubbi morali: per quanto infinitamente meno asfissianti, per me no more bullshit. Ammenochè non mi fai un browser che è un’opera d’arte. Definitely not the case.

Dopo aver tolto Yandex ho vagato per settimane come John Travolta nella famosa gif (Pulp Fiction): e mo’?

Ci ho messo quasi due mesi. A provarli tutti. E alla fine mi sono assestata sul browser che credevo meno probabile di tutti, provato per ultimo: Firefox. E sono pure contenta. Altro post.