Finn -- draft
La miscela esplosiva spingeva i cilindri di metallo su e giù in un moto continuo, ipnotizzante. Atomi di idrogeno si scontravano con altri di ossigeno, in un moto vorticoso che produceva energia, muovendo avanti la vettura verso la fine della strada.
Finn, nome di fantasia con il quale è conosciuto oltre Kuiper, procedeva a scatti verso il ponte di comando. Avrebbe preferito, la sera prima, addormentarsi lì — lì dove poteva ancora sentire un briciolo di controllo, lì dove si aggirava il suo avventuroso passato, come il fantasma maledetto dell’Olandese Volante — ma una giovane recluta doveva aver vinto il suo istinto, come molte altre volte negli ultimi tempi, e sebbene esausto nella mente e nel corpo, si era lasciato andare a quelle braccia e a quel calore — oh, il calore… — si era lasciato andare a quelle mani così delicate che lo toccavano come raggi di sole, a quel sorriso così ingenuo e sincero che gli toglieva il respiro, e a quella bellezza così innocente che ti fa rimettere in discussione tutto quello che sai della realtà. Finché il sonno l’aveva preso, dopo settimane, accoccolato sul ventre ancora tenero di quella giovane vita.
Adesso che la notte era passata, fuggita fra le pieghe del letto, con il calore ormai lontano che lasciava una fredda malinconia e le responsabilità di nuovo alla ribalta… Finn camminava con passo sicuro nel corridoio di acciaio, ma un occhio attento avrebbe detto che stava scappando.