How are you?
November 11, 2021

capitolo IV


Il bolide dello stesso colore di un tramonto infuocato, se non del sangue, con me al voltante sfrecciò giù per la collina e poi attraverso la periferia fino al cuore dell’urbe, dove si trovava il parco.
Parcheggiai di fronte alla vetrina stracolma di prelibatezze, sotto l’insegna che recitava “Milly&Co.”.
Alexander non è un tipo che si sorprende con facilità, ma evidentemente non aveva messo in conto me.
Ancora seduto lo vidi voltarsi verso di me con un misto di stupore e paura dipinto sul volto, e poi scoppio a ridere. Rise con tutto il corpo, con il petto che si alzava e abbassava a ritmi sempre crescenti finché non riusciva a prendere un respiro; e poi ricominciava.
Fu una decina di secondi di intensità ineguagliabile, nei quali anche io non seppi resistere a quella contagiosa gioia.
< Dobbiamo. Farlo. Più spesso. > riuscì a dire tra una risata e l’altra.
Io scesi raggiante e gli aprii la portiera.
< Magari andiamo al mare, la prossima volta. > la buttai lì.
< Oh, perché no? > iniziò, ma subito il suo viso si scurì, come se avesse ricordato all’improvviso il perché non avremmo potuto farlo, come se il momento appena trascorso non fosse che un accidentale e minuscolo strappo dal modo in cui andavano le cose.
Entrammo e non ci guardammo in faccia finché non fummo seduti. Forse avevamo timore di scorgere rassegnazione negli occhi dell’uno e speranza in quelli dell’altro. Entrambe sono sensazioni che soltanto adesso cominciamo a saper gestire.
Davanti a due frappé grandi alla fragola e a molti dolciumi, omaggio della casa, riprendemmo il discorso della sera precedente.
< Quindi, se ho capito bene… > cominciò lui, mordendo una brioche alla crema, < ti senti escluso, ma pensi che sia una conseguenza del fatto che le persone crescono, potremmo dire evolvono, e a volte questo può allontanarle. La tua logica speranza è che conoscerai altri individui simili a te, fra te e i quali esista una visione condivisa, o un progetto… qualcosa che vi unisca, come…
< Un collante. > proposi.
< Ecco esatto, come la marmellata… non so perché l’abbia detto, comunque. >
< La marmellata è buona. Ma a parte questo, sì: hai centrato il punto. Aggiungo che penso si stiano addormentando, come la maggior parte delle persone. >
< E supponi anche che non se ne rendano conto. Come tutti del resto. >
Alexander mi fissò un secondo e poi ripose il biscotto alle nocciole che aveva appena scelto.
< Guardati intorno, Anders: chi tra i presenti pensi che sia davvero cosciente di star vivendo? Credi che conoscano il valore del momento presente, di questo istante fugace che si ripete all’infinito? Sarebbe arrogante dire che noi sappiamo cosa facciamo, che noi sentiamo il tempo. Eppure abbiamo una certezza. Noi ce ne rendiamo conto. >
Fece una pausa per aspettare una reazione da parte mia che non arrivò. Il ragionamento che mi apprestavo a sentire era lo stesso che avevo ripercorso dozzine di volte nella mia testa nelle ultime settimane, e così non mi restò che restituirgli uno sguardo d’acciaio.
< Ti farò una domanda, Anders. Guardali. Guarda queste persone e dimmi se sono felici. >
< Potrebbero esserlo. Come facciamo a saperlo? >
< Osserva. >
Mi limitai a concentrarmi sul primo che passava, una piccola ragazzina che non doveva avere più di dodici anni. La vidi entrare leggiadra, con il vestito a fiori che danzava nell’aria. Chiese una fetta di torta all’anziana signora che stava dietro al bancone e per un attimo si girò verso gli altri clienti, come accorgendosi all’improvviso di non essere sola, e fu in quell’istante che li vidi: i suoi occhi brillavano.
< Quella bambina è felice. > annunciai, non sapendo più dove voleva andare a parare.
< Perché ha preso qualcosa che le piace molto…
< Questa la rende un’illusa? > dissi interrompendolo.
< No, no. Affatto. Le persone sono felici oppure non lo sono, e il come lo diventano non ci è dato giudicare. Il punto è un altro. >
< Il punto è se quella sensazione è autentica. > mi venne spontaneo dire.
< Proprio così. Molti confondono la vera felicità con dei brevi momenti di piacere. >
< Aspetta. Avevo letto qualcosa a riguardo. Diceva che si tratta di uno scambio, piccole dosi di dopamina a intervalli regolari, sottoforma di intrattenimento, in cambio dell’unica reale moneta che abbiamo: il nostro tempo. >
< Vedo che ci sei già arrivato. E per di più pagano per farlo, ne diventano dipendenti e non riescono più a smettere, perché è “troppo comodo”. Dopamina a basso costo, senza nessuna fatica…
< Eppure stanno buttando via la loro vita. >
< È questo che intendevi quando hai detto che si stanno addormentando. Un sonno artificiale che porta gli occhi dell’anima lontano dall’essenza del mondo, per così dire. >
Sapevo che aveva ragione, ma non potevo arrogarmi il diritto di giudicare. Mi limitai a esporre ciò che sentivo, nel modo più sincero che trovai.
< In sintesi, è un po’ come se gli altri fossero una nebbia, una grigia foschia, ed io invece un fascio di luce che vi taglia attraverso. Mi rendo conto tuttavia che il mio punto di vista è in sostanza un punto di vista, valido tanto quanto i loro. Perciò sono speciale e non lo sono, dipende come si guarda. >
< Si dice che ci voglia una vita per imparare a vivere, ma forse si tratta solo di imparare a guardare. > commentò Alexander. Lo sguardo perso di chi sta riflettendo su un argomento che gli sta a cuore, tutta la realtà circostante che diventa un paesaggio sfuocato in secondo piano, uno sfondo dei propri pensieri. Come un pittore che ha necessità di inquadrare la scena da lontano, anche gli esseri umani hanno bisogno di staccarsi di tanto in tanto dalla frenesia delle azioni quotidiane, mettere distanza fra noi e il resto, per poter riflettere, osservare, cambiare prospettive, e poi ricollegarsi, tornare nel flusso delle cose con anche solo mezza consapevolezza in più. Spesso, fa tutta la differenza.
< Sai che ti dico, Anders? L’originalità ripaga. Tutte le altre considerazioni sul tema posso essere confutate e riformulate in un ciclo infinito, ma ci rimane l’esperienza: sei felice nel fare ciò che fai? Ti fa sentire realizzato, con uno scopo, anzi… un significato? Be’ allora cosa siamo qui a discutere? La Vita sta aspettando di essere vissuta. >
E detto questo si alzò, mi tese una mano e nel frattempo fece un cenno alla signora dietro il bancone che venne ad incartare i dolciumi rimasti, in modo che potessimo portarceli sulla via del ritorno. Ma forse non si ritorna mai. Il viaggio è sempre nuovo.