How are you?
November 11, 2021

capitolo III


Il temporale non tardò a palesarsi, ma quando venne a bussare alla nostra porta, come un’onda anomala scagliata dal cielo, un sonno tempestato di inquietudine occupava già la mia mente.
Sognai di svegliarmi fra quelle coperte di velluto e mi vidi fare le scale verso il piano terra. Come uno spettro avanzavo senza peso e senza rumore attraverso i corridoi illuminati a giorno; c’era aria di festa.
Nel grande salone che si apriva sul giardino trovavo tutti gli amici di un tempo seduti a tavola a mangiare, scherzare, ridere e gioire. Cercavo di capire il motivo di tanta euforia ma non sentivo le loro voci, e non sapevo se fossi io ad essere incapace di udirli o le loro parole ad essere prive di suono.
Prima che l’alba mi riportasse alla realtà Morfeo mi condusse a un’estremità di quella gargantuesca stanza dorata e lì, lontano anni luce dal tavolo dell’amicizia, mi mostrò la chiave per ottenere ciò che credevo perduto. Alexander l’aveva con sé dalla sera prima e si era limitato ad appoggiarla sul cristallo.


Credetti di essere caduto in un secondo inganno della notte quando un caldo raggio di luce mi svegliò con lentezza ricordandomi che, qualunque demone mi aspettasse lungo la strada, quello era un nuovo giorno, ed io potevo rinascere con lui.
Sulla cassapanca ai piedi di un poco modesto giaciglio trovai indumenti freschi e profumati di lavanda ad aspettarmi. Un pezzetto di carta portava scritto soltanto “Veranda, quando ti è più comodo”, e nient’altro. Non erano passate che un paio d’ore dal sorgere del sole e così, pensando che il mio vecchio amico mi credesse ancora a letto, ne approfittai per una doccia.


< Profumi come una rosa appena colta! > annunciò Alexander non appena uscii sulla veranda. Il calore del sole si mescolava in modo piacevole al fresco del terreno intriso di pioggia.
< Una rosa appena colta sfiorisce presto. > commentai, con uno sbadiglio.
< Certo, certo. L’egoismo del singolo che si prende il diritto di strappare il fiore per la sua bellezza, e per il suo avido personale godimento. Eppure perfino i bambini raccolgono margherite e girasoli, mandiamo anche loro al patibolo? >
Il cinismo esistenziale non poteva mettere radici nella mia mente, almeno finché fossi rimasto alla luce del giorno, e così lasciai cadere il discorso.
< Quindi mangiamo sentenze per colazione oppure hai preparato qualcosa? > chiesi con finta impertinenza.
< Oh be’, pensavo di fare un salto giù in città, c’è un piccola pasticceria artigianale proprio accanto al Parco dei Poeti. È un luogo suggestivo, ti va? >
La sera prima non avrei accettato di andare con lui da qualche parte neanche se mi avesse chiesto di accompagnarlo alla toilette. Ora l’avrei seguito fino in capo al mondo.
< Guido io. >