Bring me the horizon
December 7, 2021

parte prima

05:00 AM - umidità: 70% - prob.di pioggia 24%

Una delle cose che più non sopporto è lo spazio mancante tra “prob” e “di”. Non sto scherzando. Ogni volta che lo vedo mi viene da pensare, rivolta al suo scellerato creatore, “cioè davvero, non potevi correggerla ‘sta frase, così me e tutti quelli come me avrebbero perso meno tempo a lamentarsi ogni mattina?!?”.
Non sto scherzando. Perché mai dovreste lasciare uno spazio in meno? Sadismo? Troverò quell’individuo un giorno, sempre che sia stato un individuo a commettere l’errore, volente o nolente.
Anzi no.
Probabilmente è stata una macchina. Sicuro.
Ormai è tutto così. Artificiale.
Schifo.
Non sanno nemmeno come divertirsi.
Io si. Ma questo ve lo lascio per dopo.
Sempre che qualcuno leggerà mai ‘sta roba. Voglio dire, sul serio, a chi sto scrivendo? A nessuno se non a me, questo è chiaro dato che le persone ancora in grado di leggere per più di dieci righe si contano sulle dita di una mano umana. Tra queste si annoverano (degne di nota eh): mia nonna, io.
Neil, il mio cane, sa ubbidire ma non leggere. Dopotutto è un cane, andiamo!

6:34 AM - umidità 76% - prob.di pi0ggi4 50%

La seconda cosa che non sopporto è che mi lamento di questa sveglia. In realtà l’ho scelta io.
Un giorno sono andata nella zona discarica perché ce l’avevo con il mondo e mi sono messa a girovagare random. Random random. Alla fine sono inciampata su un oggetto in alluminio, pesante quanto una mela e di colore grigio opaco. L’ho portata a casa e l’ho messa sulla mensola vicino al letto. Quella notte stessa mi sono svegliata di soprassalto quando ha cominciato a bippare illuminando il soffitto con una striscia altrettanto grigia con quella scritta. Orario - umidità - pioggia.
A volte compaiono altre informazioni. Altre le lettere si scambiano con i numeri. Non fraintendetemi, potrei benissimo rimetterla a posto, ne sono completamente in grado, ma non mi va, è un po’ come un ricordo. Un ricordo di un giorno lontano.
In effetti non vi ho detto come stanno le cose, perché lo capirete da voi, con questa storia.
Quel giorno cambiò tutto.


Giorno 312 dalla mia ultima rottura
Il giorno in cui tutto cambiò (almeno per me, e per cui anche per l’universo).

Mi svegliai alla solita ora, sbuffando per essere ancora nello stesso mondo. Mi alzai stancamente e ancora più svogliata feci una doccia e mi vestii.
Specchio. Spazzola. Capelli ribelli. Basta spazzola.
Una sottile ironia sembrava aleggiare nell’aria davanti a me. Ero la ragazza più attraente che conoscessi, e non per una mia presunzione anche se certo non mancavo di arroganza, ma erano gli altri a dirlo, a farmelo notare e a comportarsi da stupidi nel tentativo spudorato di farmi ridere e portarmi a letto. Cioè davvero credono che basti far ridere una ragazza per portarsela a letto? Che stupidi. Ragazze e ragazzi senza distinzione.
In ogni caso c’era questa sensazione tra lo specchio e la folta chioma color pesca che mi aleggiava attorno alla testa. Decisi di non farci caso e mi precipitai fuori di casa.
“Hannah! La colazione!” sentii la nonna urlare da dietro la porta.
Mi capitava spesso di dimenticarla, non avevo nemmeno fame ormai.
Rientrai e mi abbuffai sulle brioche fatte in casa appena riempite di dolce crema. Poi, senza nemmeno aver finito di masticare, bevvi un lungo sorso di succo al lampone e tornai ad addentare quella droga mattutina che è lo zucchero.

L’edificio di mattoni rossi che era la mia scuola si trovava davanti a me, staccandosi prepotentemente dal grigiore dei grattacieli anche se solo nella facciata. Trovai la mia amica Kyra seduta su una panchina vicino alla fontana delle sirene, intenta a leggere qualche raccolta di poesie.
“Ehi Hannah! Ben trovata anche questa mattina. Come te la passi? Senti questa!”
Ogni volta la stessa storia.
Da un mese a questa parte era in fissa con le poesie e non c’era modo di parlare di altro. A eccezione della parola magica, da usare solo in casi di estrema necessità, ovvero i biscotti del negozio all’angolo. Per questo motivo ne avevo sempre un scorta con me.
Ah, una cosa. Il negozio all’angolo non si chiama davvero cosi, ma è così che lo chiamiamo noi, io e Kyra. Stavamo girovagando senza meta quando ci è venuta voglia di correre. Una gara fino al negozio all’angolo. Si è scoperto poi che nel retrobottega MaryJay la maga infornava i biscotti più deliziosi del pianeta e… nulla, questa è la backstory.
Kyra stava solennemente narrando la sua poesia, omaggiando un’autrice sovversiva del diciannovesimo secolo, quando la scena di tutti i giorni si ripetè.
Era il giorno 312 dopo la mia rottura con Joshua Sophtorne, un sedicenne che si è tinto i capelli di rosa fluo 311 giorni fa, solo per convincere tutti che era stato lui a mollarmi e che ero io quella che c’era rimasta male. “Testa di cazzo”, mormorai a denti stretti mentre ci passava accanto seguito da una folla di ammiratrici e tirapiedi.
“Dovresti lasciarlo perdere, amica. A che giorno siamo arrivate?”
“312”
“Avevi detto, e cito testualmente: fino al 101esimo giorno…”
“…poi o smetto o gli do fuoco. Sì, sì lo so cosa ho detto Kyra. É solo che… non posso dargli fuoco e la nostalgia è dolce. Quasi quanto…”
“I biscotti del negozio all’angolo! Non dirmi che ne hai ancora!?”
“Era una domanda o un’affermazione?”, con Kyra non si può mai sapere.

Storia antica era appena finita e io non avevo voglia di alzarmi dal banco.
“Ti va di andarci? Dai, so che ti va…” mi chiese una supplichevole Kyra.
Sfortunatamente non era l’unica ad essersi avvicinata.
“Hannah, la sai l’ultima trovata di Mike?”, e prima che potessi rispondere che non me ne fregava un tubo (di lui o di Mike), Miller riprese convinto: “Una festa! Ti rendi conto? Non si sente parlare di una festa da almeno sei mesi! Ci verrai non è vero? Ti aspetto.” E se ne andò come il vento.
“Ma a me che cazzo me ne frega, Miller?” dissi a me stessa. Mi prendevo queste rivincite quando nessuno, a parte Kyra e Neil, poteva sentirmi.
Avevo i brividi e non me lo spiegavo, tuttavia decisi che dei biscotti potevano fare al caso mio e andai con la mia amica al forno di MaryJay la maga.

“Ragazze! Cosa posso offrirvi?” MaryJay la maga ci accolse con entusiasmo.
“Io vorrei un po’ di tempo extra, e dei biscotti buoni” dissi io non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Taanti biscotti suuper buoni!” Precisò Kyra al mio fianco.
Ci sedemmo su delle poltroncine bordeaux e poco dopo arrivò MaryJay con i dolcetti, due bicchieri di latte freddo e il menù del giorno.
“Ci andiamo alla festa?” chiese all’improvviso Kyra, per poco non mi strozzavo.
Le risposi con un’occhiataccia riuscita male.
“Eddai! Magari ti aiuterà a dimenticarlo, anzi ne sono sicura.”
“Forse…” Stava cominciando a piacermi l’idea.
“Forse andremo alla festa o forse ti aiuterà a dimenticarlo?”
Un’altra occhiata e un sorriso, questa volta si leggeva “divertimento” a caratteri cubitali sulla mia faccia.
“Allora.. non è che.. mi presti quel tuo vestito rosso cremisi?” chiese con una vocina da bambina.
“Tu adori davvero il rosso, eh?” dissi sorridendo con i baffi di latte attorno alla bocca. “Intendi quel vestito ultra-sexy, con la scollatura abissale sulla schiena? Certo che te lo presto, ad una condizione, baby” Kyra adorava questo tipo di conversazioni, dove non ero depressa e anzi sembravo davvero una sedicenne nel pieno della sua florida gioventù.
“Quale?Quale?Quale?”
Io la guardai intensamente per qualche secondo, caricando la molla.
“Come si chiama?” dissi lentamente, un colpo secco, dolce ma preciso. bum.
Lei rimase un istante bloccata con la bocca socchiusa. Colpita.
“Lui” precisai con un sorriso malizioso. “Come si chiama?”
Lei non ce la fece più e si mise a ridere.
“Ma come fai ogni volta?” riuscii a decifrare fra le risate e i biscotti che si era messa in bocca per prendere tempo.
“Semplice, da quando si indossa un vestito da accalappia-ragazzi se non hai in testa un ragazzo?”
“Ma tu l’hai preso a caso, solo perché era il tuo compleanno e volevi comprare la prima cosa che avessi visto.”
“Vero, però l’hai detto tu, era il mio compleanno. A proposito, a quando la festa?”
“Ovviamente sabato, nella libreria abbandonata di SouthStr.”
“.. e perché mai lì?” chiesi sorpresa. Era davvero una location strana.
“Mike vuole qualcosa di spazioso e buio, un ambiente che possa personalizzare a suo piacimento, sai com’è fatto.”